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Diritti Della Comunità Lgbtq+

Di Cavallo Sara e Mosso Valentina


 

Ebbene sì, esiste un mondo al di fuori della cosiddetta “sessualità nella norma”: non tutti

condividono un orientamento eterosessuale o un’identità sessuale conforme al proprio

genere. Questo non può più essere motivo di discriminazione, come del resto non avrebbe

mai dovuto esserlo.

 


 

Il modo più efficace per combattere pregiudizi e atteggiamenti

discriminatori (vedi anche il bullismo) è quello di informarsi per comprendere anche ciò che è

diverso da noi. Quando fu descritta per la prima volta nella letteratura medica occidentale,

l'omosessualità venne considerata una malattia e si cercava di scoprirne le cause scatenanti,

ma L'OMS - Organizzazione Mondiale della Sanità, prendendo atto di sempre più numerose

e accurate ricerche mediche, nel 1990 ha eliminato l’omosessualità dalla lista delle malattie

mentali e l'ha definita come una variante naturale del comportamento umano. Tale

cambiamento viene ricordato ogni anno il 17 maggio con la Giornata internazionale contro

l’omofobia e la transfobia. Anche l’identità di genere non è tutelata legalmente in tutti i Paesi,

perché non tutte le culture affrontano la questione come

avviene in Occidente, dove esistono procedure mediche e legali per il riconoscimento

dell’identità di genere. In alcune culture l’identità di genere può essere vissuta al di fuori

della medicina e della legge di stato. Gli studi antropologici di comunità sparse per il mondo,

dove una persona di un determinato sesso può benissimo prendere il ruolo nella comunità

del sesso opposto senza essere discriminato, hanno mostrato come il genere non sia un

dato fisso e uguale in tutto il mondo, ma una costruzione culturale che, come tale, varia a

seconda delle culture. In alcune culture il tipo di orientamento considerato

normale è quello eterosessuale.

Si viene quindi a creare un ambiente culturale definibile come eterosessista in cui è prevista

la sola presenza dell’orientamento eterosessuale mentre gli altri orientamenti sono

considerati deviazioni e valutati negativamente: in molti Paesi sono negati dei diritti

concessi solo alle persone eterosessuali (matrimonio, adozione, fecondazione assistita).

In Russia, ad esempio nel gennaio 2013, il Parlamento ha esteso a tutto il territorio nazionale una legge,

già in vigore a livello regionale a San Pietroburgo e in altre grandi città, che vieta la

cosiddetta propaganda omosessuale nei confronti dei minori.

La genericità del significato di “propaganda” ha di fatto limitato le libertà di espressione e di

manifestazione su tutti i temi LGBT e ha contribuito a rendere ancora più difficile la vita delle

persone LGBT, con un aumento di gravi episodi di omofobia e transfobia.

Con il pretesto della propaganda, viene impedita l'esposizione della bandiera rainbow, non è

possibile organizzare eventi pubblici sulle tematiche LGBT e vengono ogni anno vietati i

pride e tutte le manifestazioni per altre ricorrenze LGBT.

All'interno dell'Unione Europea invece, i diritti delle persone LGBT sono considerati dalle leggi dei singoli Paesi con alcune differenze.

Alcuni hanno adottato una normativa che riconosce le coppie di fatto, altri hanno

riconosciuto il diritto al matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso (Belgio,

Olanda, Lussemburgo, Spagna, Portogallo, Islanda, Norvegia, Finlandia, Svezia,

Danimarca, Francia, Regno Unito e Irlanda), in alcuni è riconosciuto anche il diritto

all’adozione, seppure con diverse modalità. Nel 2000 il Consiglio Europeo di Nizza ha

adottato la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che con l’art. 21 sancisce il

principio della non discriminazione fondata sull’orientamento sessuale. Tale articolo vieta

“qualsiasi forma di discriminazione fondata, in specifico, sul sesso, la razza, il colore della

pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione, le

condizioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o l’orientamento sessuale”

Per quanto riguarda i diritti delle persone transessuali e transgender l’Europa presenta la

possibilità di riconoscere il genere d’elezione sostanzialmente in tutti gli stati con l’eccezione

di Albania, Kosovo, Macedonia e Cipro.

La prima legge italiana in materia di diritti LGBT è del 1982.

Si tratta della Legge n. 164/1982 che ha previsto la “rettificazione di attribuzione di sesso”,

per permettere alle persone transessuali e transgender di effettuare il percorso di transizione

e ottenere la modifica dei dati anagrafici (nome e sesso) sui documenti d'identità, attraverso

l’autorizzazione all’intervento chirurgico.

Questa legge, che oggi mostra molti limiti, fu una delle prime ad essere emanata da un

Paese europeo prima della creazione dell'Unione Europea, dopo che sullo stesso tema

avevano emanato leggi solo la Svezia e la Germania. Per quanto riguarda i diritti delle

persone omosessuali, l’Italia è stato invece uno degli ultimi Paesi europei a dotarsi di una

legge.

Nel 2016 è stato introdotto l’istituto delle unioni civili per le coppie dello stesso sesso.

La Legge n. 76/2016 prevede una cerimonia di stato civile a cui conseguono quasi tutti i

diritti del matrimonio ma senza adozioni, escluse anche l'adozione dei figli del o della

partner. Per quanto riguarda i diritti LGBT sui luoghi di lavoro, le normative e gli strumenti di

tutela contro le discriminazioni in base all'orientamento sessuale e all'identità di genere sono

reperibili nel Vademecum Lavoro e diritti LGBT, a cura del Coordinamento Torino Pride GLBT.

Ora rimaniamo in attesa dell'evoluzione sul decreto Zan. Ma questo merita un altro appuntamento.

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