Come l'immagine ideale della donna (ma anche dell'uomo) è cambiata nel corso dei secoli
Di Beatrice Bova
Prima di iniziare con l’articolo sarebbe opportuno dare una definizione di “canone di bellezza”: per canone di bellezza si intende un corpo idealizzato, difficile da raggiungere, che comprende tutte le caratteristiche che la società ritiene più attraenti; le caratteristiche più apprezzate sono influenzate dall’epoca e dalla cultura di un popolo, per questo nel corso della storia l’ideale di bellezza è cambiato.
Già nella preistoria gli uomini avevano un ideale di bellezza che rappresentavano grazie a delle piccole statuette di terracotta, le “Veneri preistoriche”: queste statuette rappresentavano una donna formosa, e venivano accentuati i fianchi, il ventre ed il seno; questo perché la donna era legata alla fertilità ed alla maternità.
Nell’antico Egitto le parole d’ordine sono: eleganza, magnetismo, seduzione. Le immagini, infatti mostrano delle figure slanciate e minute, tra le quali le donne, però, erano ancora viste come simbolo di procreazione e per questo avevano i fianchi accentuati; gli Egizi si prendevano molta cura del loro corpo si massaggiavano con oli e si truccavano per mettere in evidenza gli occhi e le vene delle tempie e del seno, che a quel tempo erano ritenute oggetto di seduzione.
L’idea vera e propria di canone di bellezza arriva dalla Grecia; è in questo periodo infatti che si sviluppa il cosiddetto “Canone”, che viene preso in considerazione ancora oggi, in base al quale la bellezza è associata all’equilibrio, all’armonia ed alla proporzione; nella maggior parte della Grecia la donna ha un corpo morbido e formoso, in cui il seno ed i glutei sono sodi ma non molto pronunciati, diversamente da Sparta dove le donne dovevano essere robuste e muscolose come gli uomini, per poter generare dei figli sani e adatti a diventare dei guerrieri.
L’idea che una persona in carne significasse benessere economico si inizia a sviluppare nell’Impero romano dove gli uomini di classe sociale alta prendevano parte ad enormi banchetti, inoltre il corpo ideale per la donna era un corpo “giunonico”, come lo chiamiamo noi oggi, questo perché il corpo abbondante di una donna rappresentava la generosità del marito.
Nel Medioevo, a causa del forte spirito religioso la bellezza fisica era considerata quasi come un peccato; i corpi maschili non sono valorizzati come nel periodo greco, e le donne raffigurate dagli artisti medievali sono esili, con fianchi stretti e un seno appena abbozzato, per indicare castità e purezza, che sono ulteriormente accentuate da un incarnato sul grigio o del colore della neve; il ventre delle donne, però, rimane pronunciato sempre per indicare fecondità.
Dopo il Medioevo si ha un riavvicinamento all’epoca greca. Infatti nel Rinascimento, quando la bellezza fisica non era più vista come qualcosa di malvagio, per le donne l’ideale di bellezza comprendeva forme rotondeggianti con fianchi larghi, seno abbondante, ventre arrotondato che faceva intendere che la donna appartenesse ad una classe sociale elevata, perché all’epoca chi se lo poteva permettere faceva pasti a base di molti zuccheri, e incarnato pallido; l’esempio più famoso che incarna alla perfezione l’idea di bellezza dell’epoca è il dipinto “Venere e Marte” di Botticelli:[1] la dea rispecchia tutte le caratteristiche che le donne dovevano avere, ossia la fronte alta, mento delineato, naso forte, bocca stretta con labbra carnose, sopracciglia alte e delicate, capelli lunghi e biondi e le altre caratteristiche sopra elencate. Altre caratteristiche che emergono da dei testi scritti, che descrivevano nei particolari il corpo della donna, sono collo e mani affusolate, piedi piccoli, viso tondo, labbra e guance rosse. Queste caratteristiche sono associate alla donna perché viene vista come portatrice di gioia. L’uomo invece è rappresentato con caratteristiche più realistiche.
Nel ‘600, con l’epoca Barocca, la caratteristica principale che si doveva avere era l’incarnato pallido, perché distingueva i cittadini nobili dai contadini che stando sempre al sole avevano una pelle più abbronzata, inoltre i capelli dovevano essere folti e lunghi, meglio se di un biondo scuro; la bocca era piccola e carnosa, gli occhi piccoli e scuri, mani e collo, dal quale partivano le spalle larghe, affusolati, le cosce dovevano essere abbondanti e la vita stretta, le gambe erano lunghe e terminavano con dei piedi piccoli; come abbiamo già visto nelle epoche precedenti, anche nel 1600 la donna doveva avere il seno prosperoso. L’idea a cui viene associata le donne non è più quella di madre, ma quella di una dama che viene corteggiata, per questo veniva raffigurata con molte forme, per rappresentare la sensualità che le veniva attribuita.
Nel ‘700 si inizia ad usare il corsetto perché per le donne era d’obbligo avere una vita sottilissima, inoltre il nuovo “capo d’abbigliamento” metteva in risalto il seno che sembrava più abbondante; un’altra caratteristica che era sinonimo di fascino era il neo che molte donne si disegnavano; in più erano molto usate delle parrucche vistose e alte; l’incarnato era sempre molto chiaro.
Nel secolo successivo c’erano due tipi di ideali di bellezza: uno era la donna romantica, per la nobiltà, che richiamava il gotico, le donne avevano degli occhi grandi e labbra rosse in contrasto con l’incarnato pallido e il corpo era esile; come si può vedere nei quadri l’espressione più comune era quella malinconica, o anche di sofferenza. Dall’altra parte c’era la borghesia, e qui la donna era rappresentata quasi come le donne rinascimentali, ovvero paffuto e pieno di forme per indicare benestare e maternità, e differisce dalle nobildonne per lo sguardo sereno e sorridente con la quale veniva dipinta nelle opere; il vitino da vespa è messo in risalto dai vestiti, e la pelle bianca era protetta dai raggi del sole grazie a degli ombrellini.
Verso la fine di questo secolo nasce il mito della “femme fatale” che solitamente ha occhi e capelli neri, corpo sinuoso, labbra carnose, sguardo magnetico; le sue caratteristiche distintive sono la bellezza, vistosa e aggressiva, ed il potere seduttivo. La “femme fatale” è la donna seduttrice, perversa, crudele e spregiudicata. Per indicare questa figura il cinema americano conia il termine “vamp”
Nel Novecento si sono verificati molti cambiamenti per quanto riguarda l’immagine, infatti ogni decennio è marcato dalle proprie mode.
All’inizio del ‘900 la donna ha una linea sinuosa e slanciata, il seno è spinto in avanti grazie ad un nuovo modello di busto che sagoma il corpo secondo quanto vuole la moda.
A causa della guerra la donna degli anni ’10 abbandona la cura del suo corpo e assume caratteristiche androgine; e negli anni ’20 queste caratteristiche si accentuano facendo nascere la “garçonne”, ovvero una donna con un corpo adolescenziale (vita, fianchi e seno piccoli), molto magro, e la cui caratteristica principale erano i capelli corti. Infatti in questo periodo le donne iniziano a praticare sport e cominciano a volere la parità dei sessi, volontà che si vedeva anche dallo stile. Inoltre la pelle abbronzata non è più vista come simbolo di inferiorità ma di benessere. Un altro stereotipo dell’epoca era la donna “flapper”, cioè una donna con le caratteristiche della “garçonne” e che in più è trasgressiva e le piacciono le sigarette, il jazz e Coco Chanel, icona di bellezza dell’epoca.
L’idea di donna elegante e raffinata torna nel decennio successivo, dove è di moda un incarnato bianco pallido; il viso era “scavato” e gli zigomi erano ben evidenziati; la bocca, sempre rossa, era disegnata ad “uccello”: labbra superiori più grandi, arrotondate e quelle inferiori più piccole. I capelli erano tinti prevalentemente di biondo platino.
Già negli anni ’40 (anni difficili a causa della guerra) era comparso lo stile “pin-up”, ma è negli anni ’50 che lo stile diventa davvero di moda; la donna ha i fianchi tondi, seno abbondante e gambe ben tornite. Il fisico a clessidra era il più popolare.
Negli anni Sessanta e Settanta, grazie alla cultura dello sport, il fisico diventa tonico e scattante, le figure si assottigliano, le gambe si scoprono, i capelli si tingono di biondo svedese e gli occhi si ingrandiscono con ciglia finte e pesanti passate di eyeliner.
Negli anni Ottanta si ritorna alla donna con il fisico a clessidra, con seno prosperoso, gambe slanciate, vitino da vespa, ventre piatto e sguardo ammaliante. Nel decennio dopo si afferma la magrezza femminile come ideale sia estetico sia morale poiché al corpo esile e scattante vengono attribuiti i valori dell’ambizione, dell’organizzazione, del potere, e dell’autoaffermazione sociale.
Con l’arrivo del nuovo millennio il ruolo della donna cambia, e da madre diventa donna in carriera e si torna alla bellezza fatta di fisici asciutti ma in forma e salute; la pelle è abbronzata, gli addominali sono scolpiti e le gambe sono toniche e lunghissime. Negli anni ’10 del 2000 il corpo ideale torna ad essere quello a clessidra, grazie alle icone del web come Kim Kardashian, Nicky Minaj e tante altre. Nel mondo della moda, però, l’ideale di bellezza è rappresentato da donne alte e dal fisico asciutto senza tante forme.
Non tutte le donne hanno un fisico a clessidra per natura, quindi per avere il seno e i fianchi abbondanti, o un addome piatto, molte donne fanno ricorso alla chirurgia plastica. La magrezza è una caratteristica fondamentale che spesso porta le persone a crearsi dei complessi, dovuti anche ai bombardamenti mediatici, che sfociano nei disturbi alimentari; questi problemi sono sorti già verso la fine degli anni Novanta. Ma negli ultimi tempi, anche grazie all’influenza di Internet, sono state lanciate varie campagne contro il body shaming atte a promuovere tutti i tipi di fisici, anche quelli che non rientrano nel canone di bellezza standard.
In ogni caso ogni corpo è diverso e bello a modo suo, infatti come detto all’inizio il “canone di bellezza” è solo un concetto idealizzato di corpo che difficilmente viene raggiunto da qualsiasi persona, perché tutti abbiamo delle caratteristiche particolari che ci contraddistinguono; per questo non dovremmo passare la vita a cercare di soddisfare l’ideale di bellezza che ci viene imposto dalla società, ma quello che noi ci imponiamo per la nostra salute.
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