L’Italia è uno dei paesi industrializzati che evidenzia un tasso molto alto di disoccupazione; inoltre, il 17% degli italiani fa un lavoro per il quale non è qualificato. Questo fenomeno è dovuto in parte al fatto che i problemi dovuti al mondo del lavoro sono causati da grosse lacune nel settore scolastico.
Infatti il 65% dei ragazzi che entra nelle scuole oggi svolge delle attività che non sono più adeguate agli attuali sbocchi lavorativi; prepararsi per il futuro significa qualcosa di più che possedere delle semplici conoscenze teoriche. Un rapporto di Pearson sull'occupazione nell'anno 2030 ha rilevato la necessità di “soft skills”, ossia la capacità di acquisire competenze trasversali. Ma che cosa sono e perché sono così utili nel mondo del lavoro?
Con Soft Skills si intendono capacità di stampo cognitivo relazionale e comunicativo, che differiscono dalle competenze e capacità tecniche legate a specifiche mansioni o ruoli.
Sono caratteristiche personali importanti in qualsiasi contesto lavorativo perché influenzano il modo in cui facciamo fronte di volta in volta alle richieste dell'ambiente lavorativo.
Ecco qui 5 tra le soft skills più richieste nel mondo del lavoro:
L’arte della comunicazione,ovvero la capacità sia di esprimersi che di sapersi vendere, sia a livello relazionale che a livello pubblicitario; come sapersi fare pubblicità sui social, per esempio. È importante perché avere una buona comunicazione può permettere di farci sembrare meno ignoranti di quel che in realtà siamo e facilita i rapporti con il nostro interlocutore.
La capacità di decisione, ovvero saper prendere le decisioni giuste al momento giusto. Questo tipo di abilità si basa sul metodo WOOP, che sta per wish (desiderio), overcome (risultato), obstacles (ostacoli) e plan (pianificare).
La creatività, l’essere capaci a pensare diverse soluzioni per raggiungere lo stesso risultato.
L'autonomia, la capacità di svolgere i compiti assegnati senza il bisogno di una costante supervisione, facendo quindi ricorso alle proprie risorse.
La precisione, ossia l’attitudine ad essere accurati, diligenti ed attenti a ciò che si fa, curandone i particolari ed i dettagli per ottenere il massimo dal risultato finale.
Ma molto spesso le competenze dei lavoratori possono non essere adeguate a quelle richieste dal mercato: certi settori possono richiedere solo alcune di esse, e sono molteplici i casi in cui le skills non sono allineate con gli obiettivi delle aziende. Questo è il fenomeno dello skill mismatch,che avviene quando il grado di competenze, istruzione o esperienze pregresse risulta non adeguato, in eccesso (over skilled) o in difetto (under skilled), rispetto all'occupazione in questione.
È il classico caso di un laureato che viene impiegato per mansioni che richiedono titoli di studio inferiori.
L’11% dei lavoratori italiani è over skilled, mentre 6 lavoratori su 100 sono under skilled.
Ma quali sono le conseguenze di situazioni del genere?
Il lavoratore viene retribuito meno di quanto meriterebbe, se impiegato in lavori per cui possiede competenze in eccesso. Oppure si hanno delle complicazioni nel processo di selezione e assunzione se i candidati non sono in possesso delle competenze richieste.
In entrambi i casi si ha una riduzione della soddisfazione lavorativa e una possibile "fuga di cervelli" perché le posizioni che i futuri lavoratori potrebbero assumere nelle aziende sono occupate da persone under skilled: si innesca così un circuito vizioso che peggiora le performance aziendali senza via d’uscita.
Quali sono, quindi, le prospettive del futuro? Molto probabilmente il mondo del lavoro sarà caratterizzato più dalla libera professione che dal lavoro dipendente. Ciò comporterà maggiore mobilità, maggiore pressione concorrenziale e maggiore auto imprenditorialità. La diretta conseguenza di tali libertà è la responsabilità,che ci invita a prenderci cura delle competenze che risultano il nostro vero patrimonio professionale.
Nella società in cui viviamo abbiamo mille possibilità per formarci, non solo a livello professionale ma anche a livello umano, in modo tale da poter affrontare le sfide del presente.
Formarsi è difficile, ma appare necessario ed è l’unica alternativa che abbiamo per evitare che il nostro Paese diventi sempre più vecchio, meno competitivo e più rancoroso.
Erika Bruno e William Noel
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