Di Marta Caiafa
Se non si è a conoscenza di un lavoro, non vuol dire che esso non esista!
Il cosiddetto sex work, o lavoro sessuale, consiste in uno scambio di servizi e prestazioni, che comprendono sia la sfera erotica che quella emotiva, tra acquirente e sex worker, ovvero chi presta questi servizi, cioè i cosiddetti lavoratori del sesso. Questo scambio reciproco avviene tra adulti consenzienti, e quindi persone che presentano l’età legale per usufruire e praticare questi servizi.
Partiamo dalle origini di questo termine, ovvero “sex work”. Esso viene coniato negli anni ’70, nei paesi di lingua inglese, dato che l’attivismo delle organizzazioni delle/i sex worker ha imposto la sostituzione di questo termine, al vecchio prostitute, in quanto esso era stigmatizzato; l’espressione sex worker, invece è priva delle accezioni negative riservate ai termini precedenti. L’obbiettivo era quindi, quello di veicolare una professionalità del lavoro sessuale, contro la svalorizzazione compiuta da gran parte della società. Questo termine, come diversi altri farà parte del bagaglio lessicale italiano.
Passando alla pratica invece, il sex working, secondo i membri del settore, è quell’attività esercitata da lavoratori/lavoratrici autonomi/e, che svolgono la propria attività senza violenze e costrizioni, di conseguenza, si può definire quest’ultimo un lavoro come un altro, in quanto La Corte di Giustizia Europea, con la pronuncia del 20 novembre 2001, nella causa C268/99, ha affermato che la prostituzione può essere inquadrata in un’attività economica a libera professione mentre la Corte di Cassazione, con la Sentenza 1° ottobre 2010, n. 20528, ha stabilito che anche la prostituzione tra adulti deve essere soggetta a tassazione, poiché è un’attività “lecita”; nonostante questa definizione “da manuale” è ancora difficile per l’opinione pubblica porre a due livelli differenti la prostituzione e il sex work.
Con il termine prostituzione si fa riferimento a un’attività illecita basata sulla tratta degli esseri umani, che non hanno avuto scelta nel decidere il loro lavoro, e solitamente viene associata la figura della prostituta a quella di una donna; con il termine sex work invece si fa innanzitutto riferimento a un termine neutro, dato che si parla di un mondo più vasto, in quanto sia uomini che donne favoriscono dei servizi sessuali.
Inoltre, le persone che decidono di praticare questo lavoro sono soggette a uno stigma, ovvero, a un’associazione negativa tra una persona o un gruppo di persone che hanno in comune determinate caratteristiche, che, in questo caso si identificano nel lavoro scelto. Questo tipo di barriere si potrebbero abbattere nel momento in cui, il discorso sulla sessualità venisse ampliato e trattato maggiormente. Proprio per l’attuale grado di stigmatizzazione, questi lavoratori non vengono tutelati, perché, nonostante siano riconosciuti come liberi professionisti, non vi è alcuna legge che vincola in qualche modo il rapporto tra cliente e lavoratrice/lavoratore. Senza contare che, l’opinione pubblica presentando delle barriere e dei pregiudizi nei confronti di questi lavoratori, avvalora le tesi che stanno alla base del cosiddetto stigma.
Per avere una tutela maggiore dei propri diritti, molti delle/dei sex worker vorrebbero adottare lo stesso modello approvato in Nuova Zelanda nel 2003, dove l’esercizio del lavoro sessuale non viene sanzionato e nemmeno l’utilizzo. Il suo scopo è quello di creare un quadro normativo per proteggere i lavoratori e le lavoratrici e garantirne i diritti umani, la salute, la sicurezza e contrastare la prostituzione minorile, che invece viene considerata un reato.
Se invece ci addentriamo nello specifico, il mondo delle/dei sex worker è molto vasto, in quanto questi lavoratori/lavoratrici oltre che fornire una prestazione sessuale, patteggiata in precedenza con il cliente, offrono anche supporto e confronto da un punto di vista morale, spesso aiutando il cliente ad avere più confidenza con il proprio corpo, e accettare la sua sessualità a pieno. Si instaura quindi un rapporto reciproco di scambio emotivo oltre che erotico, tra lavoratore/lavoratrice e cliente.
In conclusione, si può quindi affermare che, il sex working è un lavoro a tutti gli effetti? Ed è giusto che questi lavoratori/lavoratici non siano tutelati, favorendo incidenti sul luogo di lavoro?
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