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SPORT E DISCRIMINAZIONE LA GUERRA NON SI FERMA

di Valentina Mosso


 

Lo sport molte volte si è trasformato in un palco di razzismo, discriminazione e a volte anche violenza. I media riportano spesso incidenti di natura razzista e/o discriminatoria fra gli spettatori a manifestazioni sportive. I tifosi sono spesso i principali responsabili di tali incidenti, ma gli stessi giocatori o partecipanti a volte non sono da meno.



 

Purtroppo la maggior parte dei dati disponibili su questo fenomeno riguardano il calcio, lo sport per eccellenza in cui le persone tutti i giorni vengono discriminate. Un esempio di queste discriminazioni potrebbe essere dato da un episodio avvenuto nel 2001, quando gli ultrà del Treviso presero di mira uno dei propri giocatori, Omolade; i suoi compagni di squadra nella successiva partita si tinsero la faccia di nero in segno di solidarietà. Oppure possiamo parlare di come una partita amichevole di calcio femminile di ragazze emergenti, si sia trasformata in una partita di solidarietà per il portiere di una delle due squadre, dopo che alcuni genitori dagli spalti hanno iniziato ad insultarla.



A tal proposito il presidente della Fifa Joseph Blatter ha proposto di interrompere le partite in caso di episodi di discriminazione razziale e/o di genere particolarmente gravi. Intenzioni che dovranno al più presto tradursi in norme, leggi e azioni verosimilmente concrete. Anche nel pugilato è successo questo; a Roma il 14 febbraio di quest'anno in videoconferenza, la prima riunione dell'Osservatorio Nazionale contro le discriminazioni nello Sport istituito dall'Unar ha trattato la condivisione delle buone prassi messe in atto dalle federazioni a livello nazionale e locale, e le possibili iniziative congiunte di sensibilizzazione sui temi dell'antidiscriminazione e del contrasto alla violenza, con particolare riferimento al mondo giovanile.


 

Questo tema ha anche smosso negli anni molte proteste ma niente sembra ancora tutelare le persone del mondo dello sport dalle discriminazioni; i dirigenti sportivi, i politici competenti dello sport e i giornalisti hanno il dovere morale di dare l’esempio. Con questo non voglio dire che questi attori non fanno niente, ma anche loro spesso sono disarmati di fronte al problema. Combattere il razzismo nello sport è al contempo un’opportunità unica e una sfida difficilissima. Le associazioni per la lotta al razzismo sono pronte ad assumerne la gestione quindi sono convinto che nel settore dello sport ci attenderanno le battaglie più dure e le vittorie più belle.





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